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Il trattamento conservativo dei trauma splenici è ormai il “gold standard” per i bassi gradi di lesione splenica (III grado), mentre è ancora dibattuta la gestione dei traumi splenici severi (IV-V grado). Controversa rimane la gestione dei traumi splenici di III grado, che potrebbero beneficiare del trattamento conservativo, associato o meno ad angioembolizzazione dell’arteria splenica, in centri specializzati ed idonei alla gestione conservativa dei traumi degli organi parenchimatosi. Le ultime linee guida pubblicate dalla “Eastern Association of Surgery of Trauma” risalgono al 2012 e provvedono a dare solo delle raccomandazioni di livello II-III sulla gestioni dei traumi splenici. Il fattore che maggiormente influenza il successo del trattamento conservativo è la selezione dei pazienti che potrebbero beneficiare di tale gestione. Alla luce di ciò, l’obiettivo primario del nostro studio è di identificare i pazienti con lesioni spleniche post-traumatiche, che dovrebbero essere sottoposti a trattamento conservativo; l’obiettivo secondario è di confrontare il decorso clinico e la durata della degenza nei pazienti trattati conservativamente e in quelli sottoposti a splenectomia. Tutti i pazienti con trauma splenico, ricoverati presso l’U.O. di Chirurgia d’Urgenza dell’Azienda Ospedaliera- Universitaria Sant’Anna, Ferrara (Italia) tra Novembre 2010 (anno in cui è stata istituita l’U.O.) e Dicembre 2014, sono stati inclusi nello studio, per un totale di 54 pazienti. Di questi 54 pazienti, 29 (53.7%) sono stati immediatamente sottoposti ad intervento chirurgico di laparotomia esplorativa e splenectomia, mentre 25 (46.3%) sono stati sottoposti a trattamento conservativo. I pazienti sottoposti ad angioembolizzazione sono stati 9 su 25 (36%). Sono stati raccolti dati epidemiologici, dati riguardanti il decorso clinico e le indagini laboratoristiche e radiologiche a cui i pazienti sono stati sottoposti al momento dell’accesso in Pronto Soccorso e durante la degenza, dati sulla mortalità, sul fallimento del trattamento conservativo e sulla durata della degenza. E’ stata eseguita un’analisi statistica che ha evidenziato risultati statisticamente significativi (p≤0.05) sui dati clinici all’ingresso (pressione arteriosa, livelli di emoglobina, grado di lesione splenica, presenza di lesioni ad altri organi addominali) che hanno indirizzato verso una gestione conservativa o chirurgica. Inoltre, è stato dimostrato che nonostante il follow-up intraospedaliero nei traumi conservativi richieda uno stretto monitoraggio clinico, laboratoristico e strumentale, questo non determina una maggiore durata delle degenza. I dati raccolti concordano con la letteratura internazionale che afferma come i traumi splenici di basso gradi (I-II) possano essere trattati con sicurezza in modo conservativo, mentre per quanto riguarda i traumi severi (IV-V grado) l’applicazione del trattamento conservativo può essere seguita da un tasso di fallimento fino al 75% nel V grado con un tasso di mortalità del 12%, a fronte di un tasso di mortalità < dell’1%, correlato all’intervento chirurgico di splenectomia. In conclusione, i pazienti con lesioni spleniche di grado I, II, III, senza traumi di altri organi intraddominali che necessitano di un intervento chirurgico in regime d'urgenza, dovrebbero essere trattati in modo conservativo, non precludendo tuttavia tale possibilità anche a lesione di grado IV, in pazienti selezionati. Il monitoraggio intraospedaliero dei pazienti trattati conservativamente può essere effettuato in maniera semplice con ecografie addominali seriate o ecografie addominali con mezzo di contrasto; l’osservazione e lo stretto monitoraggio clinico non influenza la durata dell’ospedalizzazione. Studi prospettici su pazienti con lesioni spleniche di III grado sarebbero necessari per identificare i fattori correlati al successo del trattamento conservativo.

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